Il reparto di Medicina uomini ha riaperto ai ricoveri a partire dalle 15 di ieri pomeriggio (29 gennaio). L’unità operativa, al primo piano del Santissima Annunziata, dopo il cluster registrato il 22 gennaio ha mostrato una capacità di risposta a una situazione di recrudescenza della pandemia che sta ancora colpendo il territorio.
E così, a seguito di tutte le misure adottate, la Direzione medica di presidio ha dato il via libera per la riapertura del reparto..
«In questo periodo l’ospedale non ha mai interrotto i ricoveri di pazienti con patologie internistiche – spiega il direttore del reparto Francesco Bandiera – che, come medici internisti, abbiamo seguito nei reparti appoggio.»
L’introduzione intanto delle nuove “linee di indirizzo sull’uso appropriato dei test diagnostici per Sars Cov-2 e la loro interpretazione clinica” ha rappresentato un passo avanti nella diagnostica del coronavirus e hanno consentito di fare il punto sulle strategie diagnostiche del Covid, alla luce delle ultime acquisizioni tecniche e scientifiche.
«Abbiamo intensificato i controlli – afferma Francesco Bandiera – e programmiamo i tamponi ogni 48-72 ore dal ricovero del paziente. È vero che il tampone fotografa un’istantanea di una situazione che nel tempo, però, può cambiare. Adesso abbiamo a disposizione i tamponi antigenici di ultima generazione che si affiancano a quelli molecolari e ai sierologici, e questo ci consente di inquadrare meglio la situazione.»
Una barriera che consente di far fronte ai casi dei pazienti cosiddetti “grigi” che, sebbene isolati in Pronto soccorso e sottoposti a tamponi tra loro distanti nel tempo con esito negativo, sviluppano la positività dopo alcuni giorni di ricovero in reparto.
Il direttore della struttura mette però l’accento sulla necessità di un’attenta rete tra presidi ospedalieri del territorio. «È l’unico modo per evitare il sovraffollamento nei reparti internistici – conclude Francesco Bandiera – ecco perché le Medicine degli ospedali del territorio devono collaborare, per una ridistribuzione dei pazienti. E così, nell’hub si potrà fare la centralizzazione dei pazienti più complessi mentre gli altri dovranno farsi carico dei casi a intensità più bassa.»