I nostri ospedali pubblici sono da tempo sotto il “plotone di esecuzione” della politica oggi come ieri. Cambiano gli esecutori ma l’ordine è sempre lo stesso: gli ospedali dei sardi devono essere tagliati per scomparire.
La situazione dell’ospedale di Bosa, come gli altri ospedali dei territori disagiati, è ormai al collasso.
Il suo smantellamento, perché di questo si tratta, priverà del diritto alle cure le collettività di un vasta area geografica, dalla Planargia ai territori limitrofi come Montiferru, Marghine e Meilogu. Si tratta di oltre 30mila abitanti che perderanno il diritto alle cure.
L’ospedale necessita di una riorganizzazione dei servizi a partire da quelli indispensabili, ma purtroppo questa volontà politica non è stata espressa dall’ATS e dalla Assl di Oristano nel corso del dibattito tenutosi nell’aula consiliare del comune di Bosa il 13 luglio.
Non si può usare in modo strumentale la carenza di personale come capro espiatorio. Può l’ospedale di Bosa chiudere perché mancano tre medici? E a quando i concorsi per integrare gli organici? La carenza di personale è funzionale allo svuotamento progressivo degli ospedali, a renderli sempre meno efficienti per poi chiuderli in quanto divenuti “inutili”. Conosciamo bene questi metodi maldestri in quanto già sperimentati in altri ospedali pubblici sardi.
Salvare l’ospedale di Bosa implica un progetto di riorganizzazione a breve, a media e a lunga scadenza, con uno studio attento delle priorità dei servizi.
Ma questa visione potrebbe scontrarsi con i processi di privatizzazione del nostro sistema sanitario pubblico da tempo in corso.
La situazione oggi aggravata dall’emergenza Covid, non deve far dimenticare che la sanità nei territori disagiati facenti capo all’ospedale di Bosa, come in tutta la Sardegna, era da tempo in emergenza. Mancavano già i pediatri, prima degli anestesisti e dei rianimatori.
La carenza di personale è politicamente voluta e programmata da tempo proprio per creare il deserto sanitario e accrescere lo spopolamento.
Nella discussione su questo tema, nonostante la complessità e l’emergenza, il dibattito politico che si è svolto nell’aula consiliare del comune di Bosa il 13 luglio, è stato povero, privo di proposte concrete, inconcludente e demagogico.
Eppure non è mancata la “presenza-assente” di diversi consiglieri regionali di nuova e di vecchia generazione. Quelli sulle cui scelte nel Consiglio della Regione Autonoma della Sardegna, ha pesato e pesa il destino di tutti i nostri ospedali pubblici, a partire da quelli dei territori disagiati di cui Bosa è solo un esempio.
Unire le forze di tutti i territori della Sardegna è l’unica condizione che può sconfiggere questo piano criminale.
Claudia Zuncheddu
Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica