«Da luglio le unità straordinarie di continuità assistenziale, cosiddette Usca, verranno chiuse, senza prevedere per il paziente un’alternativa utile. Oltre l’interruzione dei servizi che queste garantivano, ne conseguirà per l’utenza tutta un sicuro disagio, dettato dall’inevitabile sovraccarico della Medicina generale, già oberata di lavoro, su cui si scaricherà la quota di pazienti fragili e con esigenze particolari, per cui le Usca costituivano valido supporto.»
Lo denuncia, in una nota, il consigliere comunale dell’Udc Alghero, Christian Mulas, che aggiunge: «Ciò accade per un servizio strategico che prestava copertura del vasto territorio da Alghero a Bonorva, garantendo peraltro prestazioni sanitarie a tutti i paesi limitrofi. Per dare conto dei volumi di attività: parliamo di cure garantite a 13mila pazienti affetti da Sars-Cov2, tra cui pazienti oncologici. Le domande da portare al direttore generale dell’Asl di Sassari sono molteplici, la prima è chi si prenderà cura dei numerosi pazienti fragili oncologici ancora positivi? Chi si prenderà cura del servizio domiciliare che l’Usca ha garantito in tutto il territorio?»
«Da ricordare – prosegue Christian Mulas -, tra le peculiarità di questo servizio, il compito di garantire assistenza medica ed infermieristica domiciliare ai pazienti Covid positivi, nell’ottica della prevenzione di ospedalizzazioni evitabili e di diffusione del contagio, a beneficio di una pressione assistenziale ospedaliera più sostenibile. Parliamo della vera e propria morte di una risorsa che, nel contesto delle cure primarie, avrebbe potuto essere tradotta in un sistema di assistenza territoriale a rinforzo di ADI e di medicina generale. Proprio l’avvento del Covid-19 ha enfatizzato la necessità di una medicina territoriale strutturata e del lavoro in team per far fronte all’epidemia, anche nell’ottica mirata di un alleggerimento e superamento dei periodi di isolamento e del riavvio delle attività produttive e lavorative.»
«Per questo è di certo giunto il momento di rifondare l’intera organizzazione del sistema delle cure primarie – conclude Christian Mulas -, partendo da quello che nella crisi ha funzionato e tenendo sempre ben presente che la popolazione con un’età sopra i 65 anni rappresenta oramai ben oltre il 20% di quella generale. Quante sono le aziende che in questa fase, ancora incerta, si possono permettere un simile salto nel vuoto, privando tanti fragili pazienti di un supporto essenziale? Una riflessione utile ci deve portare a ripensare la Sanità dei territori, dando il giusto peso agli strumenti che si sono dimostrati efficaci a farci guadagnare terreno nei confronti degli altri partner europei, investendo nella cura concreta sul paziente.»
Antonio Caria