Nel secondo anno della pandemia da Covid, in occasione della ricorrenza della Giornata mondiale della prematurità, il pensiero degli operatori della Neonatologia, Nido e Tin dell’Aou di Sassari è sempre rivolto ai bimbi “nati troppo presto”. Quei piccoli venuti al mondo prima che si sia completata la 37ª settimana di gestazione e che lottano con tutte le loro forze per aggrapparsi alla vita. Dopo due anni di coronavirus c’è la voglia di ritornare alla normalità e riprendere quelle modalità operative che, negli anni, hanno caratterizzato la struttura al primo piano del Materno infantile.
Il grande lavoro di cura e assistenza dei neonati pretermine in questo periodo pandemico non è mai venuto meno. Il team della Neonatologia, Nido e Tin guidato dal dottor Giorgio Olzai ha preso in carico 47 bambini nati da mamme positive al Covid. Di questi 4 fortemente prematuri, nati tra la 31ª e la 32ª settimana, con bassa carica virale. A questi si è aggiunto 1 bimbo di pochi giorni, arrivato da un altro ospedale, con infezione respiratoria da Sars Cov-2.
Ma ci sono stati anche gli altri piccoli, quelli negativi, quelli con problemi cardiaci e neurologici, arrivati dai centri nascita di Alghero e di Olbia, in alcuni casi anche da Oristano e sud Sardegna. In un anno sono stati 315 quelli di cui si è presa cura la Neonatologia.
E poi c’è il Nido che nel 2020 ha visto venire al mondo 1.312 piccoli mentre quest’anno, con il dato aggiornato a questi giorni, i piccoli arrivati al Nido sono stati 1.138.
A caratterizzare l’operato della Neonatologia è sempre stata l’apertura della struttura ai genitori dei piccoli. «Lo scorso anno abbiamo chiesto un enorme sacrificio alle famiglie – afferma il direttore della struttura Giorgio Olzai – e, in molti casi, abbiamo dovuto rinunciare a quelle che erano le prerogative di una grande famiglia “aperta”». E così sono state limitate le visite dei genitori che prima avvenivano 24 ore su 24. «Per garantire la sicurezza dei piccoli contro il virus – prosegue Giorgio Olzai – siamo stati costretti a ridurre le presenze dei genitori in reparto. Questo è stato un vero e proprio colpo al cuore per tutti noi operatori».
E così nel 2020 è cambiato il concetto di “reparto aperto“ per i neo genitori, e il Covid ha costretto a limitare il numero degli accessi solo alle mamme, così da garantire il distanziamento.
Col tempo quel sentimento iniziale di preoccupazione ha, però, lentamente lasciato il posto alla speranza del cambiamento. Infatti, la volontà di non far perdere quel contatto tra genitori e bimbi non è mai venuto meno. E così è stato avviato il rooming in, anche per le mamme Covid. Così le neo mamme hanno potuto tenere il loro piccolo in stanza con loro, con l’attento monitoraggio e supporto delle ostetriche. Una pratica questa del rooming in che, oltre ad agevolare l’allattamento al seno, consente di sviluppare un forte legame mamma-bambino.
Da quest’anno la frequenza di accesso al reparto al primo piano del Materno infantile è aumentata. Per le mamme l’ingresso in reparto avviene con una durata più lunga e nel rispetto delle regole per l’accesso alle strutture sanitarie: il possesso del green pass da vaccino o da tampone fatto ogni 48 ore.
La giornata mondiale della prematurità
Gli obiettivi della Giornata mondiale della prematurità sono quelli noti: sensibilizzare le istituzioni, i professionisti e la popolazione sul tema dei neonati pretermine, richiamare il valore dell’assistenza e sottolineare l’importanza della prevenzione dei fattori di rischio che possono favorire il verificarsi della prematurità.
La ricorrenza è stata istituita nel 2008 dalla European foundation for the care of newborn infants (Efcni) che ha così acceso i riflettori sulla problematica dei bambini “nati troppo presto” (born too soon).
Secondo i dati del ministero della Salute, ogni anno nel mondo circa 15 milioni di bambini nascono prima del termine di 37 settimane per una gravidanza completa, con un rapporto di oltre una nascita pretermine ogni dieci.
In Italia, invece, ogni anno sono oltre 30.000 i prematuri (il 7% del totale). Il dato, riferisce la Società italiana di Neonatologia, non sembra essersi modificato significativamente ad eccezione delle donne in attesa che hanno contratto il Sars-Cov-2, in cui la prematurità ha avuto un’impennata, con il 19,7% di nascite pretermine, come è emerso dal Registro nazionale Covid-19 istituito dalla Società italiana di Neonatologia.