L’assessore della Sanità, Mario Nieddu, ha scritto alle aziende sanitarie della Sardegna per rendere più capillare sul territorio regionale l’offerta delle cure sperimentali con l’utilizzo degli anticorpi monoclonali e dei farmaci antivirali di ultima generazione, per il trattamento dei pazienti affetti da Covid-19, Con una nota trasmessa in queste ore l’assessorato ha individuato undici strutture autorizzate alla prescrizione delle terapie, un centro per ogni Asl a cui si aggiungono le due aziende ospedaliere universitarie dell’Isola e l’Azienda di rilievo nazionale ed alta specializzazione ‘G. Brotzu’.
Secondo l’ultimo monitoraggio dell’Aifa, nella settimana dal 13 al 19 gennaio, il numero di prescrizioni per gli anticorpi monoclonali in Sardegna è cresciuto del 20% rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda invece i farmaci antivirali, attualmente in Sardegna, in accordo con quanto autorizzato dall’Aifa, sono impiegati il Remdesivir ed il Molnupiravir. Da metà gennaio i trattamenti con gli antivirali sono cresciuti del 118% con il Molnupiravir (crescita media nazionale 70%) e del 27% per il Remdesivir.
Le somministrazioni degli antivirali e degli anticorpi monoclonali sono programmate nelle strutture ospedaliere e seguite da personale sanitario specializzato e il target principale è quello dei soggetti che presentano fattori di rischio con un’alta probabilità di ospedalizzazione.
Nel dettaglio i centri autorizzati sono: l’ospedale Marino di Alghero, il Giovanni Paolo II di Olbia, il Nostra Signora della Mercede di Lanusei, il San Francesco di Nuoro, il San Martino di Oristano, il Nostra Signora di Bonaria di San Gavino, il Cto di Iglesias, le Cliniche San Pietro di Sassari, il Santissima Trinità ed il San Michele (Arnas G. Brotzu) di Cagliari ed il Policlinico Duilio Casula di Monserrato.
«La vaccinazione e le buone pratiche anti-contagio restano la nostra arma più efficace – dichiara l’assessore Mario Nieddu -. Ma in questa guerra contro il virus, i nuovi farmaci rappresentano uno strumento utile per prevenire forme più gravi della malattia nelle fasi precoci in tutti quei soggetti che presentano uno o più fattori di rischio, come nel caso dei pazienti oncologici, diabetici, ipertesi o trapiantati.»