«I pazienti Covid sono stati dirottati dal Santissima Trinità al Pronto Soccorso dell’Ospedale Marino. Tutto questo accade senza che ci sia stata nessuna logica programmazione, né tanto meno la formazione del personale. Ancora, possiamo aggiungere, l’ospedale non è minimamente strutturato per ricevere pazienti che presentano problematiche medico internistiche, e che quindi qui non trovano posti letto, camere a pressione negativa (né al Pronto Soccorso né in altri reparti) e tutto ciò che servirebbe per le loro cure. L’Ospedale Marino, inoltre, si è sempre occupato di ortopedia, ma da anni versa in pessime condizioni strutturali.»
A denunciare la situazione che va avanti da giorni all’Ospedale Marino di Cagliari è Fabrizio Anedda, il segretario e legale rappresentante pro-tempore del sindacato delle professioni infermieristiche NurSind.
«La premessa è che la struttura ospedaliera è fatiscente, e non offre certamente il miglior servizio possibile al paziente. Non si sono fatti investimenti strutturali – ha proseguito Fabrizio Anedda – ed è già molto complicato seguire la parte ortopedica di competenza. In questa emergenza Covid, ci ritroviamo ora, invece, davanti a colonne di 13 ambulanze in attesa – come è accaduto nei giorni scorsi – fuori dal Pronto Soccorso. Con pazienti Covid e non Covid e senza possibilità di creare dei percorsi per separare le diverse casistiche. I pazienti restano ore e giorni in attesa di essere destinati in altri ospedali, e così si sono creati anche focolai Covid all’interno del nosocomio: moltissimo personale si è ammalato.»
Il sindacato del NurSind denuncia inoltre che, in questa emergenza sanitaria, si sente ancora di più il peso e la gravità dell’assenza di personale infermieristico e OSS, in numero adeguato, e il relativo demansionamento dei ruoli che ne consegue.
«Il personale è carente, il personale è positivo, e in questo modo si blocca l’attività chirurgica e non solo – ha concluso il rappresentante sindacale – si trattano Covid e non Covid, e ci si sposta da un parte all’altra: così le regole per il contenimento dell’infezione sono messe a serio rischio dallo stesso personale che è costretto a lavorare in questa maniera. Siamo tutti in pericolo: pazienti e professionisti.»