“Solidarietà globale, responsabilità condivisa” è lo slogan scelto da UnAids per la giornata mondiale di lotta all’Aids 2020. Il Programma Onu chiede tutti gli Stati Membri e quindi anche all’Italia, di prendere atto degli errori emersi con la pandemia e di farne occasione per ridisegnare completamente la mission e le priorità dei servizi sanitari: garantire l’accesso universale alle cure, investire più risorse economiche nei sistemi sanitari, coinvolgere e sostenere la società civile, combattere disuguaglianze e discriminazioni, promuovere il rispetto dei diritti umani, incluso, ovviamente quello alla salute.
Lila Cagliari denuncia la persistente situazione di sofferenza dei centri di malattie infettive ormai destinati al covid e il conseguente disagio che si ripercuote sulle persone con Hiv, le quali non possono accedere ai loro centri di riferimento, agli ambulatori e ai reparti di malattie infettive.
Per Brunella Mocci, presidente di Lila Cagliari: «E’ stato certamente un anno molto duro per tutte le persone portatrici di patologie croniche che a causa della pandemia da Covid-19 hanno subito rilevanti limitazioni nell’accesso e nella continuità delle cure. Per chi convive con l’Hiv, lo è stato in modo particolare».
I tradizionali ambiti sanitari di riferimento, ossia reparti e ambulatori di malattie infettive, sono stati proprio quelli più investiti dalla crisi Covid: infettivologi spostati sull’emergenza Covid, impossibilità di ricoveri non Covid, analisi e visite rinviati, distribuzione dei farmaci Antiretrovirali (salva-vita) garantita a macchia di leopardo, gestione delle comorbidità completamente saltata.
Durante l’anno, è aumentata in modo significativo la percentuale di persone con Hiv che si è rivolta al nostro centralino. Da marzo oltre il 40% delle loro richieste è stato proprio relativo ai problemi posti dal Covid: difficoltà nell’accesso ai servizi dedicati all’Hiv, reperimento dei farmaci, rischi specifici Hiv/Coronavirus, chiarimenti sui Dpcm Covid e sui diritti in ambito lavorativo, sempre in relazione allo stato sierologico. Anche il resto della popolazione subisce grossi disagi non potendo accedere al test Hiv nei centri di malattie infettive. Nella sede di Cagliari sono quasi 200 le persone che da giugno a novembre hanno potuto fare il test rapido per Hiv, Hcv e Sifilide, in 12 serate di apertura straordinaria.
Per Giacomo Dessì, responsabile del progetto Cagliari Get Tested, c’è un sostanziale passo indietro nella prevenzione: «Il rischio è un boom di infezioni Hiv, un danno che va a ripercuotersi su tutta la popolazione e più in generale sulla salute pubblica. I dati ci dicono che quasi il 60% delle nuove diagnosi di Hiv avviene con l’infezione in stato avanzato e che solo l’8% delle persone diagnosticate con Hiv nel 2019 ha fatto il test perché coinvolto in campagne di sensibilizzazione e di screening». Anche il progetto EducAids divenuto webinar non riesce ad andare avanti per l’inadeguatezza degli strumenti e della programmazione scolastica.
Dalla Lila proseguono: «Comprendiamo come tutto ciò sia stato, in un primo momento, inevitabile, visto anche il progressivo, decennale, smantellamento del sistema sanitario pubblico. A medici e infermieri impegnati in prima linea, abbiamo espresso e ribadiamo ancora tutta la nostra solidarietà. Non si può, tuttavia, accettare questo stato di perenne emergenza del sistema sanitario: chi ha dei bisogni di salute così complessi non può aspettare, chi si infetta deve accedere rapidamente alle cure, l’Hiv non trattato adeguatamente può portare ad esiti fatali».