La Sala Affreschi dell’Ex Convento dei Cappuccini di Quartu Sant’Elena ha ospitato un incontro per presentare i risultati del progetto “Mens sana in corpore migrantis… su stoffa”, proposto dall’associazione La Matrioska, un laboratorio tessile, creativo e sociale realizzato in collaborazione con la cooperativa sociale Il Sicomoro, con il sostegno del comune di Quartu Sant’Elena. Il progetto ha coinvolto tre ragazzi: due minorenni del Gambia e una donna maggiorenne del Bangladesh.
«L’Amministrazione ritiene fondamentale sostenere questo tipo di progetti, volti all’accoglienza e all’inserimento; sebbene possano sembrare piccoli, hanno invece un peso specifico di rilievo – commenta l’assessore dei Servizi sociali, Marco Camboni – per la capacità di cambiare la prospettiva di vita di queste persone e di lanciare messaggi di inclusione utili per una crescita culturale dell’intera comunità. È un dovere politico e prima ancora sociale, che non interessa solo noi amministratori ma tutti noi cittadini. Nel caso specifico il progetto è doppiamente meritevole, perché oltre al coinvolgimento immediato si guarda al futuro grazie all’impegno nell’ambito della formazione.»
Molto soddisfatta anche Elisabetta Dessì, coordinatrice dei progetti de La Matrioska, che ha voluto spiegare come «il programma, iniziato a dicembre, è ancora in corso e proseguirà durante la Primavera. Il laboratorio tessile, creativo e sociale vuole essere una realtà inclusiva per i migranti, offrendo appunto nello specifico la formazione sartoriale, approfondendo quindi taglio e confezione. Abbiamo anche realizzato un vademecum, destinato ai progetti di seconda accoglienza, per poter così allargare la platea di persone che potranno usufruire di questo strumento».
«La Sardegna è una terra accogliente ma offre poche possibilità in termini lavorativi – dice la Presidente della cooperativa sociale Il Sicomoro Onlus Stefania Russo -. Il vademecum realizzato nasce anche per aiutare queste persone a decifrare la nostra cultura. Tanti provano sentimenti di nostalgia, di solitudine, che con questi progetti proviamo a lenire. Migrare significa lasciare la famiglia, gli amici; è difficile arrivare in un contesto nuovo e costruire nuove relazioni. La nostra missione è appunto quella di accompagnare questi ragazzi in un percorso che valorizza le relazioni. Pertanto voglio anch’io ringraziare l’Amministrazione comunale di Quartu, sempre molto attenta a questo genere di progetti.»
Antonio Caria