Rilanciare su tutto il territorio regionale i Consultori familiari per offrire uno strumento di assistenza e ascolto in più alle donne vittime di violenza. A lanciare la proposta è Donne in Campo Sardegna, l’Associazione al femminile di Cia-Agricoltori Italiani Sardegna che in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ricorda che i Consultori istituiti con la legge 405 del 1975 per fornire l’assistenza alla maternità e alla famiglia, sono in grado di offrire servizi multidisciplinari e, in virtù di questa loro caratteristica, devono essere rafforzati e rilanciati ospitando i centri antiviolenza e diventando così un punto di riferimento per combattere ogni genere di sopruso sulle donne.
«Comprendere un fenomeno drammatico quale è la violenza sulle donne è più che mai necessario per fermare la triste conta delle vittime – sostiene la presidente di Donne in Campo Sardegna, Anna Maria Schirru -. Questo può avvenire sfruttando le attività e le competenze dei Consultori, che vanno inseriti in una più ampia rete per la salute e il benessere familiare composta anche da asili nido e centri di assistenza per anziani e per disabili.»
Cia Sardegna si caratterizza già per la fitta rete di assistenza che offre alle donne che lavorano in agricoltura: «Con numerosi sportelli dislocati in tutta l’isola Cia Sardegna è attenta alle esigenze delle donne lavoratrici, garantendo loro una adeguata assistenza e formazione sia nell’ambito tecnico e amministrativo, sia in quello sociale», precisa il direttore regionale di Cia Sardegna, Alessandro Vacca.
Proteggere e valorizzare le donne nella vita familiare, in quella sociale, nel mondo del lavoro, per Donne in Campo e Cia Sardegna è la strategia giusta anche per invertire il trend della denatalità che in Italia ha assunto proporzioni preoccupanti. «Una donna serena e garantita, in famiglia e sul lavoro, è una donna che può scegliere di intraprendere un percorso di costruzione familiare, sicura di poter affrontare la maternità, non come un’incognita, ma come un diritto, garantito da adeguati sostegni sanitari, sociali ed economici. Un diritto che non deve costringere la donna a scegliere fra famiglia, lavoro, carriera», conclude Anna Maria Schirru.