«In un certo senso il regista lavora con gli attori come lo psicanalista fa con i suoi pazienti. Cioè, dopo aver accuratamente preparato l’interprete, cerca di destabilizzarlo affinché possa esprimere la sua parte più intima, più vera, realizzando così quella feconda incertezza di cui parlava John Ford».
Giovanni Columbu stupisce il pubblico alla XIII edizione del “terre di confine” film festival, con una lezione per nulla scontata in un confronto di “visioni” cinematografiche con la regista “Gabriela Rosaleva”, che sabato nella sala proiezioni di Casa Sanna, a Solarussa, ha presentato in prima regionale la versione restaurata del suo docu-film “Processo a Caterina Ross”.
«John Ford non ha mai battuto più di due o tre ciak per scena – ha proseguito Columbu -. Sapeva che i migliori sono sempre il primo o il secondo, poiché dopo si perde l’incertezza, condizione indispensabile agli attori per poter dare il meglio di sé».
Secondo l’autore di capolavori intramontabili come “Su Re” è importante non fermarsi alla sola
sceneggiatura, ma essere aperti alle variazioni che scaturiscono dall’ambiente e soprattutto dagli interpreti: «Adottare i progetti è fondamentale ma deve essere fatto in modo flessibile, associando alla propria volontà anche la propria capacità di ascoltare e adeguarsi alle circostanze».
Vietato poi usare la parola “Azione!” prima delle riprese: «Genera una cesura netta tra il mondo della realtà e quello della finzione, facendo perdere tutta quella spontaneità che c’era fino al momento prima».
L’incontro tra Columbu e Rosaleva ha rappresentato un confronto tra “visioni” cinematografiche al cospetto di un pubblico molto attento che non ha esitato a presentare domande. Nel corso della serata sono state proiettate le docufiction “Surbiles” e “Visos. Sogni, avvisi, visioni”. Un tema, quello dei sogni e delle visioni, per Columbu in stretta relazione con il mondo del Cinema, «perché il Cinema è esso stesso un sogno, che come tutta l’arte tende a produrre delle rappresentazioni della realtà, i cui risvolti sono prossimi all’universo onirico. Ogni film è una lezione di cinema. In ogni opera ci sono tutti gli elementi, i metodi e le visioni proprie di quell’autore, e possono essere decifrate e fatte proprie da chi guarda.»
Infine un invito ai neofiti a conoscere bene i fondamenti della grammatica cinematografica, ma evitando di farne ostentazione nei propri lavori: «A un autore esordiente non si chiede di essere un virtuoso, ma di avere cose da dire. Parafrasando il grande Peppino De Filippo, chi cerca lo stile trova la morte, chi cerca la vita trova lo stile».
Nel corso della serata Luisa Cutzu ha presentato il trailer del documentario “Gabriella Rosaleva – Cineasta del passato futuro”, che è al momento in corso di realizzazione. La rassegna si è conclusa domenica a Solarussa con un particolare accento sulle isole Shetland: la proiezione di “Ribelle”; (“The Brave”), storia di una principessa scozzese guerriera; quindi un lavoro tratto dalla serie TV della BBC SHETLAND, “Red Bones”; per la regia di Peter Hoar; di “Clavel”; di Shona Main sulla vita di un anziano pastore e agricoltore delle isole Shetland; per poi chiudere con un estratto del capolavoro “Cul de sac”; di Roman Polansky.