Viaggio nelle atmosfere idilliache degli Anni Cinquanta con “Home, I’m Darling”, brillante e sorprendente commedia di Laura Wade (vincitrice del Premio Laurence Olivier 2019) in tournée nell’Isola sotto le insegne della Stagione di Prosa 2021-2022 organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna: la pièce che affronta con ironia il tema delicato e complesso della vita di coppia e la questione del ruolo delle donne nella società all’inizio del Terzo Millennio debutterà in prima regionale mercoledì 26 gennaio, alle ore 21.00, all’AMA / Auditorium Multidisciplinare di Arzachena (in collaborazione con Deamater) per approdare giovedì 27 gennaio, alle ore 21.00, al Teatro Civico di Alghero, venerdì 28 gennaio, alle ore 20.30, al Bocheteatro di Nuoro, sabato 29 gennaio, alle ore 20.45, al Teatro Centrale di Carbonia e, infine, domenica 30 gennaio, alle ore 19.00, al Teatro Civico di Sinnai (per la Stagione 2021-2022 de L’Effimero Meraviglioso – in collaborazione con CeDAC).
Sotto i riflettori Valentina Valsania, Roberto Turchetta, Cecilia Cinardi e Luchino Giordana (che firma anche la regia a quattro mani con Ester Tatangelo), Elena Callegari e Roberta Mattei prestano volto e voce ai personaggi di una storia dai toni vagamente surreali e grotteschi, quasi un tentativo di fermare il tempo e far ruotare all’indietro le lancette dell’orologio, per immergersi in una sorta di sogno ad occhi aperti. “Home, I’m Darling” (nella traduzione italiana di Andrea Peghinelli) – nell’allestimento della Compagnia Pupilunari / produzione Hermit Crab con musiche di Marco Vidino, coreografie jive di Marco Pitorri, scene di Francesco Ghisu, costumi di Ilaria Capanna, light designer Diego Labonia, video e post produzione a cura di Michele Bevilacqua (assistente alla regia Elena Lunghi) mette l’accento sull’inquietudine ed il disagio di una giovane donna che nel tentativo di sottrarsi ai nuovi modelli di emancipazione femminile e alle spietate regole del mondo della finanza rinuncia alla sua carriera per trovare rifugio in una dimensione anacronistica e fantastica, reinventandosi come moderna casalinga anzi meglio “angelo del focolare”.
Una scelta controcorrente, quasi una provocazione intellettuale che la drammaturga inglese Laura Wade lancia in tempi di accesi dibattiti e rivendicazioni sulla parità dei sessi, quasi a sottolineare l’importanza di un’autonomia di pensiero e il diritto di ciascuno/a di farsi artefice del proprio destino seguendo le proprie inclinazioni e i propri desideri in una personale ricerca della felicità: l’eroina di “Home, I’m Darling”, Judy conduce una propria battaglia contro i meccanismi perversi e la competizione sfrenata cui è impossibile sottrarsi se si punta ad una affermazione professionale, scegliendo di proiettare se stessa e il marito in un’altra epoca, dove protetta dalle mura domestiche potrà interpretare la parte della dolce e affettuosa mogliettina. Una sfida alle convenzioni che, dopo secoli di sottomissione e dure battaglie per affermarsi e conquistare il proprio posto nel mondo, identificano la “realizzazione” femminile con il successo in ambito lavorativo, quasi imponendo alle donne nuovi modelli non meno coercitivi specialmente per chi non si rassegna a misurare il proprio grado di soddisfazione in base agli utili che procura all’azienda né alle proprie entrate, e ritiene che il senso dell’esistenza risieda altrove, magari nella sfera degli affetti.
Nel Belpaese – dove il raggiungimento della parità a livello salariale e nell’ascesa professionale è ancora (spesso) una chimera e nei partiti politici le “quote rosa” restano uno strumento necessario per l’eguaglianza, mentre si dibatte perfino della correttezza “grammaticale” della declinazione dei sostantivi al femminile – la decisione di una “donna in carriera” di ritirarsi dall’agone per creare un proprio “nido” incantato come nei films americani degli Anni Cinquanta può sembrare ora più che mai una “stravaganza”. Con intuito e sguardo profetico Laura Wade, autrice affermata e pluripremiata – dall’esordio con “Limbo” al successo di “Posh” (di cui ha curato anche l’adattamento cinematografico) ai più recenti “Colder Than Here” e “Breathing Corpses” (con cui ha ottenuto il Critics’ Circle Theatre Award for Most Promising Playwright, nonché con l’Olivier Award Nomination for Outstanding Achievement in an Affiliate Theatre) fino a “Other Hands” , “Catch” e “Alice”, nella commedia “Home, I’m Darling” analizza gli effetti collaterali di un sistema “produttivo” che costringe lo sfaccettato universo femminile dentro una immagine speculare a quella maschile, senza lasciare spazio ad eventuali alternative. Quasi che attraverso secoli se non millenni di “evoluzione” e di rivoluzioni culturali, economiche e sociali, senza dimenticare le battaglie femministe, dalle varie stirpi dell’homo sapiens sapiens si fosse giunti a un’unica tipologia di individuo unicamente funzionale alle leggi del mercato: lo strano “esperimento” di Judy e Johnny, che suscita tanto sconcerto e dure critiche nella loro cerchia di parenti e amici, crea uno “straniamento”, echeggia come una nota dissonante nella visione condivisa di una civiltà evoluta.
Quel proposito di sottrarsi alle regole del gioco, di creare come una “bolla” in cui la tenera sposina accoglie ogni sera il marito stanco al temine di una giornata di lavoro, inevitabilmente s’infrange a fronte delle difficoltà del quotidiano, agli imprevisti, i fraintendimenti e i tradimenti di una realtà che non corrisponde quasi mai alle aspettative: Judy dovrà alla fine fare i conti con se stessa, cercare di analizzare i propri sentimenti e i propri bisogni, uscire dal suo prezioso rifugio e affrontare la vita, non senza qualche sorpresa. “Home, I’m Darling” è una commedia divertente e per certi versi dissacrante che mette in risalto stereotipi antichi e moderni, obblighi “sociali” e retaggi culturali, in cui in fondo continua a prevalere sotto mutate spoglie la tradizione patriarcale che impone alle figlie (e ai figli) di trionfare e diventare le “prime della classe”, per dimostrarsi “all’altezza” e soddisfare le aspettative altrui, in una strenua lotta senza fine, con obiettivi sempre più inaccessibili, per tutta la propria esistenza. La ribellione di Judy che preferisce invece costruirsi una realtà a misura dei propri sogni, invece di sottostare a principi e ideali stabiliti da altri, ricorda il gesto fatidico della progenitrice Eva che, si dice, insegnò all’umanità la virtù della disubbidienza: fondamentale è imparare a guardare il mondo con i propri occhi, conoscere se stessi e le proprie vere ambizioni, per riuscire a diventare davvero le persone che si desidera essere, provando ad ascoltare il proprio cuore e le proprie emozioni, per lasciarsi travolgere dalla meravigliosa, e pericolosa, avventura della vita.