«Das ist ka’ musik», «Questa non è musica»: così il direttore del Teatro di Vienna definì Die lustige Witwe durante le prove per la prima assoluta nel 1905. Pochi giorni dopo, invece, La vedova allegra di Franz Lehár andò incontro a un trionfo memorabile, primo di una lunghissima serie che si mantiene costante da 116 anni. Tradotto in tutte le lingue del mondo, il capolavoro del genere arriva a Sassari per chiudere la Stagione lirica 2021 dell’Ente Concerti “Marialisa de Carolis”, venerdì 3 e domenica 5 dicembre al Teatro Comunale. Si tratta di un’assoluta novità in un cartellone dell’Ente: già rappresentato altre volte in città, il titolo – ormai entrato stabilmente nei programmi dei teatri lirici – debutta sotto l’insegna del De Carolis con un allestimento firmato dai registi Renato Bonajuto e Andrea Merli, le scene e i costumi di Artemio Cabassi, le coreografie di Giuliano De Luca e il disegno luci di Tony Grandi. “La vedova allegra” sassarese è stata presentata stamane, nella Sala Sassu del Conservatorio “Luigi Canepa” dalla musicologa Paola Cossu, che – dopo il saluto del presidente dell’Ente Antonello Mattone – ne ha tratteggiato storia e curiosità davanti a un pubblico attento, composto in larga parte da studenti del cittadino Liceo musicale “Azuni”. Il travolgente e inaspettato successo della Vedova arrivò in Italia, al Teatro dal Verme di Milano, nel 1907 e anche nel nostro Paese, ha spiegato l’esperta, riscosse un grande apprezzamento che ancora oggi si rivela attuale e si rinnova ovunque. Non è un caso, ha spiegato Sergio Alapont – che dirige l’Orchestra e il Coro dell’Ente preparato da Antonio Costa – se le musiche di Lehár funzionano, perché descrivono perfettamente l’ambiente in cui sono state create, quel primo Novecento che in piena Belle époque faceva da sfondo alle vicende musicate da Lehár e raccontate nel libretto di Victor Léon e Leo Stein. Una storia che, ha spiegato il regista Andrea Merli, è meno leggera di quanto sembri, con continui riferimenti alla realtà politica dell’epoca, appena precedente la Prima guerra mondiale. I costumi di Artemio Cabassi sono stati illustrati dal suo ideatore, che ha spiegato come abbia voluto rappresentare in scena anche le varie sfaccettature sociali dei personaggi, i parigini più eleganti ed i pontevedrini meno abbienti e più modesti, con grande sfoggio di piume e cappelli esagerati per le signore. Un quadro storico, non soltanto musicale, per un’operetta che già dal nome non deve confondere. Non si tratta di un genere minore, è stato spiegato, ma diverso rispetto all’Opera, con una grande varietà di linguaggi e sfumature capaci di attraversare le generazioni per oltre un secolo, fino alle grandi interpretazioni italiane degli ultimi anni, con protagonisti come Daniela Mazzucato ed Elio Pandolfi, quest’ultimo storico Njegus, recentemente scomparso. Proprio a lui i registi hanno voluto dedicare le recite sassaresi della Vedova allegra con cui si intende, «dopo tanta sofferenza, isolamento e brutte notizie, suscitare il sorriso e, perché no, qualche sonora risata nel segno della musica immortale di Franz Lehár, trascinati dai suoi rapinosi valzer».