La fine di un’epoca e la caduta delle maschere con “Ferdinando” di Annibale Ruccello nella mise en scène di Arturo Cirillo, uno dei più interessanti e apprezzati registi italiani contemporanei, che dividono il palco con Sabrina Scuccimarra, Anna Rita Vitolo e Riccardo Ciccarelli, e firma un allestimento raffinato ed essenziale, con le scenografie di Dario Gessati, i costumi di Gianluca Falaschi, le musiche di Francesco De Melis e il disegno luci di Paolo Manti (produzione Marche Teatro – Teatro Metastasio di Prato – Fondazione Teatro di Napoli / Teatro Bellini).
La sorprendente e avvincente “commedia nera” (premio IDI 1986 come miglior testo teatrale) in cartellone questa sera, alle 21.00, all’AMA / Auditorium Multidisciplinare di Arzachena (per la Stagione di Teatro e Danza 2024-2025 realizzata in collaborazione con Deamater), domani, mercoledì 16 aprile, alle 20.30, al Teatro San Giuseppe / Teatro Bocheteatro di Nuoro e, infine, giovedì 17 aprile, alle 20.30, al Teatro Centrale di Carboni, sotto le insegne della Stagione di Prosa 2024-2025 organizzata dal CeDAC Sardegna affronta il tema delle relazioni, tra la forza dei legami di affetto e di sangue ei sottili giochi di potere, e la seduzione della giovinezza, nella consapevolezza della brevità dell’esistenza umana e dell’approssimarsi della morte.
“Ferdinando” disegna un vivido affresco della società, in una lingua ibrida in cui si mescolano italiano e napoletano, e si inserisce nella grande tradizione del teatro partenopeo, con un inedito “ritratto di famiglia” sullo sfondo della Storia: n el Meridione d’Italia, dopo la caduta del Regno delle Due Sicilie, l’aristocratica Donna Clotilde si ritira nella sua villa vesuviana, in compagnia della cugina Gesualda , tra le visite di Don Catellino, l’ambiguo prete di famiglia, finché l’arrivo di un giovane nipote stravolge gli equilibri. Il capolavoro di Annibale Ruccello racconta – come sottolinea Arturo Cirillo nelle Note di Regia – «il desiderio per un inafferrabile adolescente, nato da un inconsolabile bisogno d’amore, maturazione nella mente di tre personaggi disperati, prigionieri della propria solitudine, esacerbati dall’abitudine». Una pièce conturbante, dove la presenza di Ferdinando riaccende le passioni e porta alla luce antichi segreti: in «un teatro della crudeltà mascherato da dramma borghese» – sostiene Arturo Cirillo – l’autore, con la sua cifra originale e trasgressiva, evoca il senso arcano di un “sortilegio”.